venerdì 17 luglio 2015

I videogames violenti fanno male?



Non ci sarebbe alcuna relazione tra violenza virtuale e violenza agita, secondo lo studio condotto dallo psicologo Christopher Ferguson, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Comportamentali della Texas A& M International University, e dal suo team.


I ricercatori, dopo aver analizzato e confrontato la frequenza delle scene di violenza nei media tra il 1920 e il 2005 con gli episodi violenti avvenuti nel mondo reale nello stesso periodo, sono arrivati alla conclusione che all'aumentare della violenza nei media, quella reale è addirittura diminuita.

Questi dati, pubblicati sulla rivista specialistica Psychiatric Quarterly, si sovrappongono ai risultati ottenuti da uno studio dell'ESRB ( Entertainment Software Rating Board, gruppo che si occupa di classificare i videogiochi, pubblicati in Nord America, secondo contenuto e fasce d'età) sulla violenza giovanile e la violenza videoludica, confermando l'indiretta proporzionalità fra il proliferare di videogames "mattatoio" e il diminuire degli episodi di violenza reale.

Ferguson aggiunge che la crociata contro i games del tipo "io sopravvivo solo se ti uccido" abbia il fine di spostare l'interesse dell'opinione pubblica da altri problemi sociali reali, generatori di violenza nella vita quotidiana.

Qualche perplessità non ci pare fuori luogo.

Recenti ricerche americane dimostrano come alcune particolari aree cerebrali, quelle deputate al controllo delle emozioni e del comportamento aggressivo, siano fortemente condizionate dalla visione e dall'interazione con videogiochi violenti, determinando un effetto disinibitorio sui centri di controllo emozionali.

Lo psicologo Craig.A. Anderson dell'APA (American Psychological Association) ha pubblicato i risultati di uno studio che, dopo aver preso in considerazione 130000 persone fra USA, Europa e Giappone, collega i comportamenti violenti all'utilizzo di videogames violenti.

La ricerca dell'Ohio State University, pubblicando sulla rivista"Journal of Experimental Social Psychology",fornisce la prova sperimentale che gli effetti negativi del giocare ai videogames violenti, si accumulano nel corso del tempo.
I ricercatori, infatti, hanno scoperto, studiando i comportamenti di 70 studenti volontari, che quelli che avevano giocato con videogames violenti per tre giorni consecutivi, mostravano un aumento dell'aggressività e dell'ostilità.

Brad Bushman, co-autore della ricerca, spiega :"Giocare ai videogame potrebbe essere paragonato al fumare sigarette. Una singola sigaretta non causa cancro ai polmoni, ma fumare per settimane, mesi o anni incrementa notevolmente il rischio. Allo stesso modo, l'esposizione ripetuta ai videogame violenti ha un effetto cumulativo di aggressività."

Un altro studio condotto dalle Università di Amsterdam e di New Jork ha scoperto, utilizzando la Bold fMRI, una particolare risonanza capace di rintracciare le variazioni biochimiche cerebrali, che i video violenti determinano l'aumento dei neuroni preposti ad affrontare le situazioni di attacco o fuga (fight or flight), come accade, per esempio, in guerra.

E' stata anche esaminata la saliva di soggetti mentre guardavano alternativamente immagini violente e immagini che non lo erano.

Solo in chi guardava immagini violente è aumentata la noradrenalina, il neurotrasmettitore fondamentale nella risposta allo stress, attivando un aumento del battito cardiaco e del tono muscolare.

L'America, ideatrice dei "War Games"per insegnare ai militari a superare il blocco psicologico che impedisce di uccidere un altro essere umano, ha concentrato adesso l'attenzione sul tema.

I massacri nella scuola di Newtown, nella Columbine High School, al Politecnico in Virginia, il caso dei due ragazzi di Detroit, che hanno ucciso un loro coetaneo, bruciandone i resti, per imitare "Manhuntz2", il caso di un quattordicenne videodipendente che ha ucciso tre ragazzine o ancora il caso di uno studente ossessionato dal videogioco militare "Counter Strike", hanno forse indotto Obama a destinare fondi per la ricerca degli effetti dei Killer Games sulle "giovani menti".

Anche in Italia diversi organismi di ricerca hanno dedicato attenzione al tema.

L'Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO) ha condotto uno studio su 1414 studenti dai 10 ai 19 anni.
L'indagine ha evidenziato che il 75% degli adolescenti italiani gioca ai videogames online e nel 40% dei casi lo fa da solo contro il computer, l'11% contro persone conosciute in rete.

L'IdO, interrogandosi come e in che misura i videogiochi possano influenzare la sfera cognitiva ed emotiva dei minori, mette in evidenza che essi, positivamente, mettendo in connessione individui in tutto il mondo, alimentano il concetto di sfida e di superamento degli ostacoli.

Concreto risulta ,però, il rischio di desensibilizzazione, associabile ad una mancanza di comprensione verso il prossimo e all'incapacità di stringere relazioni sociali positive.

L'argomento presenta tanti punti da approfondire e tanti interrogativi che aspettano risposta, ma ci piace concludere con l'affermazione di un gruppo di scienziati, pediatri,clinici e sostenitori della lotta alla violenza, riuniti recentemente a Vancouver per il meeting annuale Pas-Pediatric Academic Societies:"Violenza chiama violenza, anche quando all'aggressività si assiste attraverso lo schermo di un cinema, della TV o di un videogioco".



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