lunedì 8 settembre 2014

PRIGIONI E DETENUTI

"Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona…” . Recita così l’art. 1 dell’ Ordinamento Penitenziario che regolamenta le condizioni di vita delle prigioni italiane.


Punto dolente: si riscontra l’applicazione pratica della suddetta norma? Pare proprio di no, se anche la Corte Europea  ci bacchetta pesantemente, affermando sulla base dell’art.3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”),che il nostro sistema carcerario lede i diritti più elementari degli esseri umani.

L’Italia è una sorvegliata speciale per la spinosa questione del sovraffollamento. La popolazione carceraria in Italia, a Marzo del 2014 , è arrivata ad oltre 66mila unità. Nel Lazio i reclusi sono più di seimila, gli stranieri sono circa il 37%. I detenuti in attesa di giudizio sono circa la metà e i condannati definitivi sono più di tremila. Le cifre continuano a crescere e non ci sono più spazi.

L’Istituto peggiore, secondo l’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, è quello di Favignana, la cui struttura si sviluppa quasi tutta sottoterra. Seguono le case di reclusione di Poggioreale, Brescia, Belluno, Bolzano e Regina Coeli.

Il giornalista  Lirio Abate  ha approfondito la questione relativa alla mancanza di celle e di personale, osservando che il problema non si limita alla sola assenza di fondi per creare strutture adeguate e reclutare personale, ma la situazione si manifesta in tutta la sua gravità, quando intere sezioni, destinate ai detenuti, vengono trasformate in uffici, ambulatori medici o magazzini.

Allontaniamoci un attimo dall’Italia.

In Francia, secondo Gero Von Randw, giornalista del Die Zeit, nelle maisons d’arret (106 in tutto il paese)sono rinchiusi e stipati i detenuti in attesa di giudizio e i condannati a pene inferiori ad un anno. Complessivamente nelle carceri francesi sono detenute 61.343 persone, a fronte di una capacità massima di 53mila posti.

Se ci spostiamo verso il Nord Europa, la situazione cambia.

 Sull’ isola di Bostoy esiste un carcere definibile ”umano ed ecologico”. Non ha sbarre né serrature ed ospita 115 persone. Secondo Pauline Liétar, per Le Monde, ”è un piccolo paradiso: poco più di due chilometri quadrati di foresta, spiagge e laghi. Le piccole case colorate che spuntano in questo paesaggio sono le celle dei prigionieri”.

La prigione è un centro modello, attento alla qualità del cibo, al risparmio energetico e al controllo delle emissioni di anidride carbonica.

Il direttore dell’Istituto Oyvind Alnaes spiega la filosofia del carcere: “Il nostro compito è trasformare i nostri possibili futuri vicini in bravi cittadini. Se siamo troppo repressivi nei confronti dei prigionieri, un giorno questa violenza si ritorcerà contro di noi”.

In questa particolare prigione, la detenzione non può durare più di sei anni, ma in media sull'isola si rimane per non più di un anno. Il principio è questo: fiducia e sorveglianza. Va aggiunto che i detenuti devono scegliere un mestiere , perché sull’isola possono muoversi liberamente, ma hanno l’obbligo di lavorare. L’Amministrazione cerca di orientare i detenuti più difficili verso l’allevamento del bestiame, ritenuto un’attività terapeutica.

La sorveglianza non è esclusa. Ogni giorno si perquisiscono camere e vengono fatti esami delle urine. Se un detenuto cerca di evadere o ha atteggiamenti aggressivi o riceve tre avvertimenti verbali, viene immediatamente rispedito in una prigione normale. I detenuti, inoltre, con problemi specifici(droga, violenza, pedofilia) possono seguire programmi di recupero a lungo termine.

Torniamo in Italia.

Numerosi sono i  casi di suicidio e di forte disagio negli istituti di pena, così' in Francia (1 suicidio   ogni 3 giorni, percentuale dieci volte superiore alla media della Germania).
Secondo fonti attendibili, le morti in carcere, negli ultimi dieci anni, risultano 1632 e, secondo l'Associazione Ristretti Orizzonti, dagli anni ’60 ad oggi, i suicidi sono aumentati del 300%. La Comunità di S. Egidio ha diffuso dati spaventosi: a Marzo 2010 i penitenziari italiani hanno raggiunto il numero di 67271 detenuti in strutture che potrebbero accoglierne al massimo 42000.

Se è vero che, chi è in carcere ha sbagliato e deve scontare la sua pena, è pur vero che noi, come società e comunità, non possiamo renderci responsabili di comportamenti disumani, o ancor più grave, di vendetta.

Dallo scorso 21 Agosto, è in vigore la legge che prevede un risarcimento ai detenuti che hanno subito trattamenti definiti inumani : 8 euro al giorno oppure uno sconto di 1 giorno ogni 10 di carcerazione, se la pena è ancora in fase di espiazione e permangono le condizioni inumane.

Criteri evidenziati: lo spazio fisico personale(inferiore ai 3mq) e le condizioni di vita.

Il riferimento ai 3 mq non è casuale. Nel 2009 una sentenza della Corte Europea accertò che il detenuto bosniaco Izet Suleymonovic, alla quale aveva fatto ricorso, era stato recluso in uno spazio di 2,7 mq, in una cella del carcere di Rebibbia. Condizione che violava l’art.3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo.

Il Comitato per la prevenzione della tortura fissa lo spazio minimo in 7 mq. Semplice calcolo: Suleymonovic, che ottenne l’indennizzo, aveva condiviso una cella da 16,20 mq insieme ad altre cinque persone. Da qui l’assunto:se un detenuto è obbligato a vivere in uno spazio minore di 3 mq,  gli si infligge un trattamento disumano e degradante.

Il Parlamento italiano non ha scoperto all’ improvviso la solidarietà verso i detenuti, ma sta cercando di evitare al nostro Paese una valanga di risarcimenti, visto che oltre 6.000 detenuti hanno già inoltrato ricorso alla Corte Europea per violazione dell’art.3.

L’approvazione del Decreto ha suscitato reazioni di segno opposto: da una parte si parla di “indulto mascherato”, dall’ altra si dice che non si dà la paghetta ai criminali. La voce più saggia e condivisibile è quella di Patrizio Gonnella di “Antigone”, il quale sostiene che il decreto approvato sia un tentativo di rimediare, con i soldi di tutti gli Italiani, al disastro prodotto da leggi che hanno stipato le nostre carceri all’ inverosimile.

Rosanna Palci, Garante dei Diritti dei Detenuti del Comune di Trieste, ha svolto un aggiornamento del proprio operato, relativo al primo periodo del 2014, ribadendo l’impegno costante nel conoscere le criticità direttamente dai detenuti per portarle in evidenza ai Servizi e alla Magistratura.

Diverse sono, come ben si vede, le problematiche riguardanti la detenzione in Italia e gli osservatori del nostro Paese ce le hanno indicate e criticate. Il nostro Governo ha intenzione di trovare delle soluzioni? Sembra che finora non ne siano state trovate né sul piano teorico né su quello pratico.

Quando un problema è difficilmente risolvibile, è utile allontanarsi, guardare altrove e imparare.
Cerchiamo di farlo.
                             


Piera Denaro 



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