"Il trattamento
penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto
della dignità della persona…” . Recita così l’art. 1 dell’ Ordinamento Penitenziario che
regolamenta le condizioni di vita delle prigioni italiane.
Punto dolente: si riscontra l’applicazione pratica della
suddetta norma? Pare proprio di no, se anche la Corte Europea ci bacchetta pesantemente, affermando sulla base dell’art.3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né
a pene o trattamenti inumani o degradanti”),che il nostro sistema
carcerario lede i diritti più elementari degli esseri umani.
L’Italia è una sorvegliata speciale per la spinosa questione
del sovraffollamento. La popolazione carceraria in Italia, a Marzo del 2014 , è arrivata ad oltre 66mila unità. Nel Lazio i reclusi sono più di
seimila, gli stranieri sono circa il 37%. I detenuti in attesa di giudizio sono
circa la metà e i condannati definitivi sono più di tremila. Le cifre
continuano a crescere e non ci sono più spazi.
L’Istituto peggiore, secondo l’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema
penale, è quello di Favignana, la cui struttura si sviluppa quasi tutta
sottoterra. Seguono le case di reclusione di Poggioreale, Brescia, Belluno,
Bolzano e Regina Coeli.
Il giornalista Lirio Abate ha approfondito la questione relativa alla mancanza di celle e di
personale, osservando che il problema non si limita alla sola assenza di
fondi per creare strutture adeguate e reclutare personale, ma la situazione si
manifesta in tutta la sua gravità, quando intere sezioni, destinate ai
detenuti, vengono trasformate in uffici, ambulatori medici o magazzini.
Allontaniamoci un attimo dall’Italia.
In Francia, secondo Gero
Von Randw, giornalista del Die Zeit,
nelle maisons d’arret (106 in tutto il
paese)sono rinchiusi e stipati i
detenuti in attesa di giudizio e i condannati a pene inferiori ad un anno.
Complessivamente nelle carceri francesi sono detenute 61.343 persone, a fronte
di una capacità massima di 53mila posti.
Se ci spostiamo verso il Nord Europa, la situazione cambia.
Sull’ isola di Bostoy esiste
un carcere definibile ”umano ed ecologico”. Non ha sbarre né serrature ed
ospita 115 persone. Secondo Pauline
Liétar, per Le Monde, ”è un piccolo paradiso: poco più di due
chilometri quadrati di foresta, spiagge e laghi. Le piccole case colorate che
spuntano in questo paesaggio sono le celle dei prigionieri”.
La prigione è un centro modello, attento alla qualità del
cibo, al risparmio energetico e al controllo delle emissioni di anidride
carbonica.
Il direttore dell’Istituto Oyvind Alnaes spiega la filosofia del carcere: “Il nostro compito è trasformare i nostri possibili futuri vicini in
bravi cittadini. Se siamo troppo repressivi nei confronti dei prigionieri, un
giorno questa violenza si ritorcerà contro di noi”.
In questa particolare prigione, la detenzione non può durare
più di sei anni, ma in media sull'isola si rimane per non più di un anno. Il
principio è questo: fiducia e
sorveglianza. Va aggiunto che i detenuti devono scegliere un mestiere ,
perché sull’isola possono muoversi liberamente, ma hanno l’obbligo di lavorare.
L’Amministrazione cerca di orientare i detenuti più difficili verso
l’allevamento del bestiame, ritenuto un’attività terapeutica.
La sorveglianza non è esclusa. Ogni giorno si perquisiscono
camere e vengono fatti esami delle urine. Se un detenuto cerca di evadere o ha
atteggiamenti aggressivi o riceve tre avvertimenti verbali, viene
immediatamente rispedito in una prigione normale. I detenuti, inoltre, con
problemi specifici(droga, violenza, pedofilia) possono seguire programmi di recupero a lungo termine.
Torniamo in Italia.
Numerosi sono i casi
di suicidio e di forte disagio negli istituti di pena, così' in Francia (1 suicidio ogni 3 giorni,
percentuale dieci volte superiore alla media della Germania).
Secondo fonti attendibili, le morti in carcere, negli ultimi dieci anni, risultano 1632 e, secondo l'Associazione Ristretti Orizzonti, dagli anni ’60 ad oggi, i suicidi sono aumentati del 300%. La Comunità di S. Egidio ha diffuso dati spaventosi: a Marzo 2010 i penitenziari italiani hanno raggiunto il numero di 67271 detenuti in strutture che potrebbero accoglierne al massimo 42000.
Secondo fonti attendibili, le morti in carcere, negli ultimi dieci anni, risultano 1632 e, secondo l'Associazione Ristretti Orizzonti, dagli anni ’60 ad oggi, i suicidi sono aumentati del 300%. La Comunità di S. Egidio ha diffuso dati spaventosi: a Marzo 2010 i penitenziari italiani hanno raggiunto il numero di 67271 detenuti in strutture che potrebbero accoglierne al massimo 42000.
Se è vero che, chi è in carcere ha sbagliato e deve scontare
la sua pena, è pur vero che noi, come società e comunità, non possiamo renderci
responsabili di comportamenti disumani, o ancor più grave, di vendetta.
Dallo scorso 21 Agosto, è in vigore la legge che prevede un
risarcimento ai detenuti che hanno subito trattamenti definiti inumani : 8 euro al giorno oppure uno
sconto di 1 giorno ogni 10 di carcerazione, se la pena è ancora in fase di
espiazione e permangono le condizioni inumane.
Criteri evidenziati: lo spazio fisico personale(inferiore ai
3mq) e le condizioni di vita.
Il riferimento ai 3 mq non è casuale. Nel 2009 una sentenza
della Corte Europea accertò che il
detenuto bosniaco Izet Suleymonovic,
alla quale aveva fatto ricorso, era stato recluso in uno spazio di 2,7 mq, in
una cella del carcere di Rebibbia. Condizione che violava l’art.3 della
Convenzione dei Diritti dell’Uomo.
Il Comitato per la
prevenzione della tortura fissa lo spazio minimo in 7 mq. Semplice calcolo:
Suleymonovic, che ottenne l’indennizzo, aveva
condiviso una cella da 16,20 mq insieme ad altre cinque persone. Da qui
l’assunto:se un detenuto è obbligato a
vivere in uno spazio minore di 3 mq, gli si infligge un trattamento disumano e
degradante.
Il Parlamento italiano non ha scoperto all’ improvviso la
solidarietà verso i detenuti, ma sta cercando di evitare al nostro Paese una
valanga di risarcimenti, visto che oltre 6.000 detenuti hanno già inoltrato
ricorso alla Corte Europea per violazione dell’art.3.
L’approvazione del Decreto ha suscitato reazioni di segno
opposto: da una parte si parla di “indulto mascherato”, dall’ altra si dice che
non si dà la paghetta ai criminali. La voce più saggia e condivisibile è quella
di Patrizio Gonnella di “Antigone”,
il quale sostiene che il decreto approvato sia un tentativo di rimediare, con i
soldi di tutti gli Italiani, al disastro prodotto da leggi che hanno stipato le
nostre carceri all’ inverosimile.
Rosanna Palci, Garante dei Diritti dei Detenuti del
Comune di Trieste, ha svolto un aggiornamento del proprio operato, relativo al
primo periodo del 2014, ribadendo l’impegno costante nel conoscere le criticità
direttamente dai detenuti per portarle in evidenza ai Servizi e alla Magistratura.
Diverse sono, come ben si vede, le problematiche riguardanti
la detenzione in Italia e gli osservatori del nostro Paese ce le hanno indicate
e criticate. Il nostro Governo ha intenzione di trovare delle soluzioni? Sembra
che finora non ne siano state trovate né sul piano teorico né su quello
pratico.
Quando un problema è difficilmente risolvibile, è utile allontanarsi, guardare altrove e imparare.
Quando un problema è difficilmente risolvibile, è utile allontanarsi, guardare altrove e imparare.
Cerchiamo di farlo.
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