venerdì 29 maggio 2015

DIFFAMAZIONE E WEB




                                                                

I social network sono strumenti molto potenti che permettono ai fruitori di condividere emozioni, pensieri, opinioni. Si può considerarli, se ben utilizzati, espressione del principio costituzionale di libertà di pensiero e di diritto di critica. Un uso scorretto può avere gravi ripercussioni penali e civili.
                                                    
Tra i reati più comuni commessi attraverso i social network, compare quello di diffamazione, disciplinato dall’art. 595 del Codice Penale, lo stesso che disciplina la diffamazione “mezzo stampa”.

Quando si può parlare di reato di diffamazione?

Perché si configuri la diffamazione, è sufficiente che il soggetto, la cui reputazione venga lesa, sia individuabile da un numero, seppur limitato, di persone, indipendentemente dall’indicazione nominativa.
Chiarisce così la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 16 Aprile 2014, n.16712.
La stessa Cassazione ribadisce che”il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico” ma la “consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza anche soltanto di due persone”.

·         Costituisce, pertanto, reato di diffamazione la pubblicazione di frasi offensive, battute pesanti, notizie riservate la cui divulgazione provochi pregiudizi, foto denigratorie o, comunque, la cui pubblicazione abbia ripercussioni, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta.
·         Creare, ad esempio, su Facebook il gruppo “Quelli che odiano il proprio capo bastardo” oppure”Quelli a cui sta antipatica la bidella cretina”.
Le espressioni bastardo e cretina hanno una chiara carica offensiva.
·         Rivelare sulla propria o altrui bacheca che il collega di lavoro ha una relazione extraconiugale.
·         Inserire la foto della propria ex fidanzata nuda in atteggiamenti intimi.
Particolare attenzione merita il tema riguardante la pubblicazione di foto. La Cassazione, infatti, ha recentemente precisato che il consenso ad essere ritratti non comporta il consenso ad utilizzare la foto.

Esempi dell’uso illecito della “piazza virtuale”

Cuneo- Uno studente stizzito dai controlli antidroga dei Carabinieri presso diverse scuole del Comune, posta sul suo profilo Facebook offese e commenti poco lusinghieri all’indirizzo delle Forze dell’Ordine.
Il ragazzo, individuato e denunciato all’Autorità Giudiziaria, dovrà risponderne in Tribunale.
Teramo- Una docente si è ritrovata bersaglio di ingiurie ed offese a sfondo sessuale in un gruppo di discussione creato da tre giovanissime.
L’indagine, scattata immediatamente, viene delegata alla Polizia Postale.
Le ragazze sono state identificate e dovranno rispondere di diffamazione online.
Salerno- Un professore precario di 45 anni diffama il Preside dell’Istituto presso il quale aveva prestato servizio, attribuendogli comportamenti non conformi al ruolo di Dirigente Scolastico.
Il portale Skuola.net segnala che due ex allieve di un liceo, a distanza di un paio di anni dal diploma, si sono ritrovate al banco degli imputati, dopo essere state denunciate per insulti ad un professore.


La tendenza all’insulto è tipica di chi è affetto da sindrome ossessivo-compulsiva da tastiera.
Ma l’Italia non è forse il Paese in cui il cittadino comune è istruito alla rissa e alla prevaricazione?
Sufficiente è accendere la tv per assistere ad una formativa lezione di dialogo civile.


Le nuove generazioni stanno dimostrando di maneggiare strumenti, potenzialmente devastanti, senza le necessarie competenze. I genitori non avvertono la necessità di educare i figli ad una sana navigazione online? I ragazzi sono in grado di percepire la portata delle conseguenze delle loro interazioni sui social?

Non volendo momentaneamente richiamare i drammatici episodi di cyberbullismo (nel 2014 sono stati più di 300 i casi di prepotenze online consumate da minori su altri minori), è comprensibile come un mezzo di comunicazione così potente non possa essere affidato a chi non ha ricevuto una corretta educazione, e non solo digitale.

Le pene previste in Italia

La giurisprudenza ha provveduto a rimediare al fenomeno con le massime punizioni.
Reclusione fino ad 1 anno e multa fino a E 1032,00. Se la diffamazione è aggravata, e ciò accade nel caso in cui l’offesa all’altrui reputazione sia arrecata a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, il reato viene giudicato innanzi al Tribunale e non davanti al Giudice di Pace. Pena prevista in caso di condanna è la reclusione da 6 mesi a 3 anni o pena pecuniaria non inferiore a E 516,00 e fedina penale macchiata per 5 anni.
Anche i minori possono essere processati in sede penale dal Tribunale per i minorenni e le conseguenze dell’azione illecita, in termini risarcitori, ricadrebbero sui genitori esercenti la potestà genitoriale.


Precauzioni per l’uso

Ai ragazzi: imparate ad essere educati e rispettosi sul web e ovunque.
Sul web tutto resta, per sempre, anche dopo molti anni potrebbero chiedervi conto in sede legale, civile e penale, di quello che avete scritto e postato anche dieci anni fa.
Ai genitori: per quella che voi ritenete una “ragazzata” commessa dalla vostra innocente prole, in caso di condanna, vi trovereste anche a pagare il legale di parte civile, il vostro personale legale e il risarcimento del danno provocato alla parte lesa.

Le pene previste in Europa

Francia: la diffamazione a mezzo stampa è regolata dalla legge del 29 Luglio 1881, più volte modificata.
L’art. 29 della legge definisce la diffamazione come l’affermazione o l’attribuzione di un fatto che lede l’onore o la considerazione della persona cui il fatto è attribuito. La diffamazione può essere un delitto se è pubblica, o una contravvenzione, se riguarda una persona fisica e non ha carattere pubblico.
Se la diffamazione ha carattere pubblico, le pene possono essere molto aspre ed anche di natura detentiva. Se la persona offesa appartiene a categorie quali persone fisiche o gruppi di persone che svolgono funzione pubblica, compresi i membri del Governo, i parlamentari, i corpi militari, le corti e i  tribunali l’ammenda prevista è di E 45000. Se la persona offesa non appartiene alle categorie citate, la pena consiste in un’ammenda di E 12000. Sono, inoltre, previste delle aggravanti se la diffamazione è rivolta verso una persona o un gruppo di persone in ragione della loro origine, etnia, razza, religione, sesso, orientamento o identità sessuale e handicap. In questi casi la pena prevede 1 anno di reclusione ed E 45000 di ammenda. Sono, comunque, previste pene alternative.
Germania: più severo è il sistema in Germania. Lo Strafgesetzbuch, il Codice Penale, distingue tre fattispecie di diffamazione:
 1) Quella per cui ”chiunque, riferendosi ad un’altra persona, afferma o divulga un fatto idoneo a denigrarla o svalutarla di fronte all’opinione pubblica”, in questo caso il responsabile “è punito con la pena detentiva fino ad 1 anno o con una pena pecuniaria, e, se l’offesa è commessa pubblicamente, l’agente è punito con  pena detentiva non superiore a 2 anni o con pena pecuniaria”.
2)La diffamazione intenzionale, per cui chiunque, riferendosi ad altra persona, afferma o divulga “in malafede un fatto non vero idoneo a denigrarla o a svalutarla di fronte all’opinione pubblica o a mettere in pericolo la sua reputazione” è punito con la pena detentiva non superiore a 2 anni o alla pena pecuniaria e, se l’azione è commessa pubblicamente, l’agente è punito con la pena detentiva non superiore a 5 anni o con pena pecuniaria.
3)Caso della diffamazione contro persone partecipanti alla vita pubblica: “Se pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritto, viene diffamata una persona impegnata nella vita politica del popolo, per scopi connessi alla posizione dell’offeso nella vita pubblica, e l’azione è idonea a pregiudicare in maniera rilevante l’agire pubblico, è prevista la pena detentiva da 3 mesi a 5 anni”.


Spagna: la diffamazione a mezzo stampa è inserita tra i “reati contro l’onore” ed estende al web le norme relative alla stampa. I reati che si imputano con maggiore frequenza alla stampa sono la calunnia e l’ingiuria, entrambe riconducibili alla diffamazione. Quando ciò avviene pubblicamente, il codice prevede una pena detentiva compresa fra i 6 mesi e i 2 anni, oppure, in alternativa, una sanzione pecuniaria .

Gran Bretagna

Nel sistema giuridico inglese la cosiddetta “law of defamation” costituisce illecito civile (tort) e produce un’azione di risarcimento. Le sanzioni sono, infatti, legate alla riparazione economica dell’offesa.
La diffamazione a mezzo stampa è stata depenalizzata nel 2009 e la normativa inglese non contempla un’esplicita definizione di diffamazione, ma fa capo alla circostanza che una dichiarazione pubblica o esplicitata possa incidere negativamente sulla reputazione e l’onore di una persona identificabile fra i membri di una determinata società di individui.

Come difendersi
Se qualcuno su Facebook pubblica un commento offensivo, creando solitamente un “fake”, un falso profilo, solo per ingiuriare o rubare l’identità, o scrive un post diffamatorio, è possibile agire con un’azione di carattere penale e una di carattere civile.
·         Bisogna informare Facebook, segnalando l’autore dell’abuso tramite email a abuse@facebook.com
·         Segnalare a Facebook, attraverso la stessa piattaforma, il soggetto “incriminato”. A tal fine, sarà sufficiente andare sul profilo Facebook di quest’ultimo, cliccare sulla freccetta verso il basso posta in corrispondenza del bottone” messaggi” e selezionare “segnala/blocca”. Da qui bisogna spuntare la voce “invia una segnalazione”.
·         Sporgere querela presso una Stazione dei Carabinieri, o presso la Polizia Postale o presso la Procura della Repubblica del Tribunale del luogo di residenza.
·         Bisogna essere precisi: indicare la frase offensiva e l’autore; gli estremi del profilo dal quale è avvenuta la pubblicazione; il codice ID di quest’ultimo, la data, l’indicazione di eventuali testimoni che hanno letto la frase.
·         Consegnare una stampa della pagina incriminata.
Questo per quanto riguarda le prove del fatto illecito.
Per l’eventuale danno, è necessario fornire dimostrazione sia del danno patrimoniale (nel caso di un’azienda diffamata, è necessario fornire contestazione di clienti o revoche di contratti) e del danno morale (eventuali certificati medici comprovanti un turbamento psichico).
Le indagini

L’autore del reato probabilmente avrà utilizzato un falso profilo, ma la Polizia Postale e i periti sono in grado di risalire all’effettivo nominativo.
Gli inquirenti chiederanno a Facebook di avere accesso ai server sui quali la pagina è stata creata, per risalire all’indirizzo IP dell’autore dell’illecito.
Sebbene Facebook abbia la sua sede legale in California dispone di uffici in Europa. La sede legale europea si trova in Irlanda: Facebook Ireland Limited, Hanover Reach, 5-7 Hanover Quay, Dublin 2, Ireland.
Anche in Italia vi sono referenti legali che mantengono i contatti con i magistrati e le Forze dell’Ordine del nostro Paese.
L’azione penale andrà avanti fino all’applicazione della pena, tuttavia sarà bene che la vittima chieda consiglio ad un avvocato per verificare la possibilità di costituirsi parte civile e ottenere il risarcimento del danno o intraprendere un autonomo giudizio civile.

Con estrema leggerezza i social network sono utilizzati da giovani e adulti. La falsa convinzione che l’ambiente virtuale sia un mondo alternativo di una manciata di “amici” non fornisce la percezione del limite fra quello che è legale e ciò che non lo è.

Un comportamento antigiuridico rimane tale , anche se compiuto nell’ingannevole anonimato della rete.


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