I social network
sono strumenti molto potenti che permettono ai fruitori di condividere
emozioni, pensieri, opinioni. Si può considerarli, se ben utilizzati,
espressione del principio costituzionale di libertà di pensiero e di diritto di
critica. Un uso scorretto può avere gravi ripercussioni penali e civili.
Tra i reati più
comuni commessi attraverso i social network, compare quello di diffamazione,
disciplinato dall’art. 595 del Codice Penale, lo stesso che disciplina la
diffamazione “mezzo stampa”.
Quando si può parlare di reato di diffamazione?
Perché si configuri la diffamazione, è sufficiente che il
soggetto, la cui reputazione venga lesa, sia individuabile da un numero, seppur
limitato, di persone, indipendentemente dall’indicazione nominativa.
Chiarisce così la Prima Sezione Penale della Corte di
Cassazione con la sentenza 16 Aprile 2014, n.16712.
La stessa Cassazione ribadisce che”il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico” ma la “consapevolezza di pronunciare una frase
lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza
anche soltanto di due persone”.
·
Costituisce, pertanto, reato di diffamazione la pubblicazione di frasi
offensive, battute pesanti, notizie riservate la cui divulgazione provochi
pregiudizi, foto denigratorie o, comunque, la cui pubblicazione abbia
ripercussioni, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta.
·
Creare, ad esempio, su Facebook il gruppo “Quelli che odiano il proprio capo bastardo” oppure”Quelli a cui sta antipatica la bidella
cretina”.
Le espressioni bastardo e cretina hanno una chiara
carica offensiva.
·
Rivelare sulla propria o altrui bacheca che il
collega di lavoro ha una relazione extraconiugale.
·
Inserire la foto della propria ex fidanzata nuda
in atteggiamenti intimi.
Particolare attenzione merita il
tema riguardante la pubblicazione di foto. La Cassazione, infatti, ha
recentemente precisato che il consenso ad essere ritratti non comporta il
consenso ad utilizzare la foto.
Esempi dell’uso illecito della “piazza virtuale”
Cuneo- Uno studente stizzito dai
controlli antidroga dei Carabinieri presso diverse scuole del Comune, posta sul
suo profilo Facebook offese e commenti poco lusinghieri all’indirizzo delle
Forze dell’Ordine.
Il ragazzo, individuato e
denunciato all’Autorità Giudiziaria, dovrà risponderne in Tribunale.
Teramo- Una docente si è
ritrovata bersaglio di ingiurie ed offese a sfondo sessuale in un gruppo di
discussione creato da tre giovanissime.
L’indagine, scattata
immediatamente, viene delegata alla Polizia Postale.
Le ragazze sono state
identificate e dovranno rispondere di diffamazione online.
Salerno- Un professore precario
di 45 anni diffama il Preside dell’Istituto presso il quale aveva prestato
servizio, attribuendogli comportamenti non conformi al ruolo di Dirigente
Scolastico.
Il portale Skuola.net segnala che
due ex allieve di un liceo, a distanza di un paio di anni dal diploma, si sono
ritrovate al banco degli imputati, dopo essere state denunciate per insulti ad
un professore.
La tendenza all’insulto è tipica
di chi è affetto da sindrome ossessivo-compulsiva da tastiera.
Ma l’Italia non è forse il Paese
in cui il cittadino comune è istruito alla rissa e alla prevaricazione?
Sufficiente è accendere la tv per
assistere ad una formativa lezione di dialogo civile.
Le nuove generazioni stanno
dimostrando di maneggiare strumenti, potenzialmente devastanti, senza le
necessarie competenze. I genitori non avvertono la necessità di educare i figli
ad una sana navigazione online? I ragazzi sono in grado di percepire la portata
delle conseguenze delle loro interazioni sui social?
Non volendo momentaneamente
richiamare i drammatici episodi di cyberbullismo (nel 2014 sono stati più di
300 i casi di prepotenze online consumate da minori su altri minori), è
comprensibile come un mezzo di comunicazione così potente non possa essere
affidato a chi non ha ricevuto una corretta educazione, e non solo digitale.
Le pene previste in Italia
La giurisprudenza ha provveduto a
rimediare al fenomeno con le massime punizioni.
Reclusione fino ad 1 anno e multa
fino a E 1032,00. Se la diffamazione è aggravata, e ciò accade nel caso in cui
l’offesa all’altrui reputazione sia arrecata a mezzo stampa o con qualsiasi
altro mezzo di pubblicità, il reato viene giudicato innanzi al Tribunale e non
davanti al Giudice di Pace. Pena prevista in caso di condanna è la reclusione
da 6 mesi a 3 anni o pena pecuniaria non inferiore a E 516,00 e fedina penale
macchiata per 5 anni.
Anche i minori possono essere
processati in sede penale dal Tribunale per i minorenni e le conseguenze
dell’azione illecita, in termini risarcitori, ricadrebbero sui genitori
esercenti la potestà genitoriale.
Precauzioni per l’uso
Ai ragazzi: imparate ad essere
educati e rispettosi sul web e ovunque.
Sul web tutto resta, per sempre,
anche dopo molti anni potrebbero chiedervi conto in sede legale, civile e
penale, di quello che avete scritto e postato anche dieci anni fa.
Ai genitori: per quella che voi
ritenete una “ragazzata” commessa dalla vostra innocente prole, in caso di
condanna, vi trovereste anche a pagare il legale di parte civile, il vostro
personale legale e il risarcimento del danno provocato alla parte lesa.
Le pene previste in Europa
Francia: la diffamazione a mezzo stampa è regolata dalla legge del
29 Luglio 1881, più volte modificata.
L’art. 29 della legge definisce
la diffamazione come l’affermazione o l’attribuzione di un fatto che lede
l’onore o la considerazione della persona cui il fatto è attribuito. La
diffamazione può essere un delitto se è pubblica, o una contravvenzione, se
riguarda una persona fisica e non ha carattere pubblico.
Se la diffamazione ha carattere
pubblico, le pene possono essere molto aspre ed anche di natura detentiva. Se
la persona offesa appartiene a categorie quali persone fisiche o gruppi di
persone che svolgono funzione pubblica, compresi i membri del Governo, i
parlamentari, i corpi militari, le corti e i
tribunali l’ammenda prevista è di E 45000. Se la persona offesa non
appartiene alle categorie citate, la pena consiste in un’ammenda di E 12000.
Sono, inoltre, previste delle aggravanti se la diffamazione è rivolta verso una
persona o un gruppo di persone in ragione della loro origine, etnia, razza,
religione, sesso, orientamento o identità sessuale e handicap. In questi casi
la pena prevede 1 anno di reclusione ed E 45000 di ammenda. Sono, comunque,
previste pene alternative.
Germania: più severo è il sistema in Germania. Lo Strafgesetzbuch, il Codice Penale,
distingue tre fattispecie di diffamazione:
1) Quella per cui ”chiunque, riferendosi ad un’altra persona, afferma o divulga un fatto
idoneo a denigrarla o svalutarla di fronte all’opinione pubblica”, in
questo caso il responsabile “è punito con
la pena detentiva fino ad 1 anno o con una pena pecuniaria, e, se l’offesa è
commessa pubblicamente, l’agente è punito con
pena detentiva non superiore a 2 anni o con pena pecuniaria”.
2)La diffamazione intenzionale,
per cui chiunque, riferendosi ad altra persona, afferma o divulga “in malafede un fatto non vero idoneo a
denigrarla o a svalutarla di fronte all’opinione pubblica o a mettere in
pericolo la sua reputazione” è punito con la pena detentiva non superiore a
2 anni o alla pena pecuniaria e, se l’azione è commessa pubblicamente, l’agente
è punito con la pena detentiva non superiore a 5 anni o con pena pecuniaria.
3)Caso della diffamazione contro
persone partecipanti alla vita pubblica: “Se
pubblicamente, in una riunione o tramite la diffusione di scritto, viene
diffamata una persona impegnata nella vita politica del popolo, per scopi
connessi alla posizione dell’offeso nella vita pubblica, e l’azione è idonea a
pregiudicare in maniera rilevante l’agire pubblico, è prevista la pena
detentiva da 3 mesi a 5 anni”.
Spagna: la diffamazione a mezzo stampa è inserita tra i “reati
contro l’onore” ed estende al web le norme relative alla stampa. I reati che si
imputano con maggiore frequenza alla stampa sono la calunnia e l’ingiuria,
entrambe riconducibili alla diffamazione. Quando ciò avviene pubblicamente, il
codice prevede una pena detentiva compresa fra i 6 mesi e i 2 anni, oppure, in
alternativa, una sanzione pecuniaria .
Gran Bretagna
Nel sistema giuridico inglese la
cosiddetta “law of defamation” costituisce illecito civile (tort) e produce un’azione di
risarcimento. Le sanzioni sono, infatti, legate alla riparazione economica
dell’offesa.
La diffamazione a mezzo stampa è
stata depenalizzata nel 2009 e la normativa inglese non contempla un’esplicita
definizione di diffamazione, ma fa capo alla circostanza che una dichiarazione
pubblica o esplicitata possa incidere negativamente sulla reputazione e l’onore
di una persona identificabile fra i membri di una determinata società di
individui.
Come difendersi
Se qualcuno su Facebook pubblica
un commento offensivo, creando solitamente un “fake”, un falso profilo, solo per ingiuriare o rubare l’identità,
o scrive un post diffamatorio, è possibile agire con un’azione di carattere
penale e una di carattere civile.
·
Segnalare a Facebook, attraverso la stessa
piattaforma, il soggetto “incriminato”. A tal fine, sarà sufficiente andare sul
profilo Facebook di quest’ultimo, cliccare sulla freccetta verso il basso posta
in corrispondenza del bottone” messaggi” e selezionare “segnala/blocca”. Da qui
bisogna spuntare la voce “invia una segnalazione”.
·
Sporgere querela presso una Stazione dei
Carabinieri, o presso la Polizia Postale o presso la Procura della Repubblica
del Tribunale del luogo di residenza.
·
Bisogna essere precisi: indicare la frase
offensiva e l’autore; gli estremi del profilo dal quale è avvenuta la
pubblicazione; il codice ID di quest’ultimo, la data, l’indicazione di eventuali
testimoni che hanno letto la frase.
·
Consegnare una stampa della pagina incriminata.
Questo per quanto riguarda le
prove del fatto illecito.
Le indagini
L’autore del reato probabilmente
avrà utilizzato un falso profilo, ma la Polizia Postale e i periti sono in
grado di risalire all’effettivo nominativo.
Gli inquirenti chiederanno a
Facebook di avere accesso ai server sui quali la pagina è stata creata, per
risalire all’indirizzo IP dell’autore dell’illecito.
Sebbene Facebook abbia la sua
sede legale in California dispone di uffici in Europa. La sede legale europea
si trova in Irlanda: Facebook Ireland Limited, Hanover Reach, 5-7 Hanover Quay,
Dublin 2, Ireland.
Anche in Italia vi sono referenti
legali che mantengono i contatti con i magistrati e le Forze dell’Ordine del
nostro Paese.
L’azione penale andrà avanti fino
all’applicazione della pena, tuttavia sarà bene che la vittima chieda consiglio
ad un avvocato per verificare la possibilità di costituirsi parte civile e
ottenere il risarcimento del danno o intraprendere un autonomo giudizio civile.
Con estrema leggerezza i social
network sono utilizzati da giovani e adulti. La falsa convinzione che
l’ambiente virtuale sia un mondo alternativo di una manciata di “amici” non
fornisce la percezione del limite fra quello che è legale e ciò che non lo è.
Un comportamento antigiuridico rimane tale , anche se compiuto
nell’ingannevole anonimato della rete.
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