venerdì 29 maggio 2015

UN RISCHIO DEL VIRTUALE: IL CYBERBULLISMO



"Si è scelto di intervenire su questo tema nella prospettiva della tutela dei minori, colmando il vuoto legislativo e puntando sull'educazione e credo sia molto importante che questo provvedimento rappresenti anche un passo in avanti in linea con il più avanzato diritto europeo".

Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, commenta così l'approvazione del ddl contro il cyberbullismo. Ora il provvedimento passerà all'esame della Camera.

Il disegno di legge prevede che, in poche ore, la vittima possa ottenere, da parte di chi gestisce i siti web, l'oscuramento dei dati che la riguardano.
I genitori o la vittima, se maggiorenne, potranno chiedere di rimuovere entro dodici ore il testo incriminato e il gestore dovrà dare conferma entro le quarantotto ore. Se ciò non dovesse avvenire, potrà intervenire il Garante della privacy.

Il Governo assicura l'istituzione di un tavolo tecnico di ministeri, associazioni e organizzazioni per mettere a punto un piano finalizzato alla prevenzione e alla repressione del fenomeno. Il MIUR  dovrà prevedere linee di orientamento per la formazione del personale scolastico e per l'adozione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti.

Il termine cyberbullying fu coniato nel 2002 dall'educatore canadese Bill Belsey e indica tutti quegli atti di molestia e forme di prevaricazione volontaria e ripetuta nel tempo effettuati tramite mezzi elettronici come email, chat, blog, telefoni cellulari o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web.

Lo studioso di Psicologia Sociale Smith ed i suoi collaboratori nel 2006 hanno suddiviso il fenomeno in 7 categorie:
  1. SMS: invio e ricezione di messaggi testuali offensivi e diffamanti
  2. MMS: invio e ricezione di foto e video recanti danno a terze persone
  3. CALLS: invio e ricezione di chiamate in cui l'aggressore intimidisce la vittima con minacce e insulti
  4. EMAIL:invio di email contenenti insulti, minacce, offese e diffamazione
  5. CHATROOMS: intimidazioni e offese in chat
  6. INSTANT MESSAGE: insulti ed offese tramite sistemi di comunicazione istantanea
  7. WEBSITES: rivelazione di informazioni personali o la divulgazione di immagini e video, compromettenti per la vittima, attraverso siti internet
Nancy Willard nel suo "Educator's Guide to Cyberbullying (2006) propone una tassonomia alternativa a quella di Smith, centrata su azioni e comportamenti perpetrati e non sugli strumenti utilizzati.

Le varie manifestazioni di cyberbullismo possono essere così classificate:
  1. Flaming: messaggi elettronici violenti e volgari mirati a suscitare discussioni online, solitamente lo scenario è Facebook.
  2. Harassment: molestie reiterate attraverso l'invio di messaggi offensivi.
  3. Cyberstalking: persecuzione messa in atto tramite l'invio continuo di messaggi minacciosi e intimidatori.
  4. Denigration: opera di denigrazione perpetuata con l'invio o la pubblicazione di pettegolezzi su una persona al fine di danneggiarne la reputazione e le amicizie.
  5. Impersonation: Sostituzione di persona. Violare l'account di qualcuno e inviare messaggi a nome della vittima per dare una cattiva immagine della stessa.
  6. Outing and trickery: rivelazioni e inganno.Riguarda la condivisione online di segreti o informazioni imbarazzanti su una persona, ma anche spingere con l'inganno qualcuno a rivelazioni per poi condividerle online.
  7. Exclusion: Escludere volutamente qualcuno da una "lista di amici".
Oltre al persecutore e alla vittima, nel cyberbullismo si può assistere alla partecipazione di "spettatori", detti bystanders che, osservando l'azione e non intervenendo a favore della vittima, ma condividendo video e foto sui social network, alimentano la pericolosità del fenomeno e danno origine ad un processo di vittimizzazione.

Chi subisce molestie può raggiungere un livello di intensa sofferenza.
Si riscontra nelle vittime l'insorgenza di depressione, ansia, disturbi psicosomatici, enuresi notturna, disturbi del sonno, abbassamento dell'autostima, paura, frustrazione, problemi scolastici e familiari.

Non sono pochi gli adolescenti che negli ultimi anni si sono tolti la vita per sfuggire a una persecuzione via internet.

Amanda Cumming non ce la fa più e si fa travolgere da un autobus.

Hannah Smith si impicca a 14 anni.

Amanda Todds a 15 anni si uccide dopo aver lasciato un video su You Tube, in cui denuncia di essere vittima di cyberbullismo.

Megan Taylor Meier si impicca nel bagno di casa. I bulli erano adulti vicini di casa.

Questi sono casi estremi, ma va detto che varie ricerche stimano che la percentuale di vittime si aggiri tra il 10% e il 30% dei ragazzi.intervistati.
Dalle stesse ricerche emerge un altro dato inquietante: il 20% dei ragazzi ammette di aver agito da cyberbullo.

Bisogna riflettere sulle ragioni per cui si diventa bullo o cyberbullo.

Alla base del fenomeno c'è quello che in ambiente psicologico viene definito "disimpegno morale", ovvero l'insieme di meccanismi mentali, socialmente appresi, che servono a liberare l'individuo da sentimenti di autocondanna.

Albert Bandura, psicologo canadese, sostiene che ognuno di noi possiede dei meccanismi di disimpegno morale che ci fanno agire contro la morale e le sue norme, senza autoaccusarci, anzi autogiustificandoci.


Anche se avviene nella realtà virtuale, il cyberbullismo può violare il Codice Civile, quello della Privacy e quello Penale ( D.Lgs 196 del 2003).
Può configurarsi come reato di ingiuria (art.594), offese all'onore e al decoro (art.524), illegittima raccolta di materiale o diffusione di immagini della vita privata altrui (art.615-bis).

Esiste una corresponsabilità tra scuola e famiglia

La scuola, se non adotta  subito misure preventive, potrà sempre essere imputata di una condotta omissiva e ritenuta civilmente responsabile per danni causati a terzi.
La famiglia, invece, oltre ad avere il dovere di educare, è da ritenere responsabile di atti compiuti dai propri figli per non aver ottemperato alla loro vigilanza.

Gli insegnanti,dovendo farsi carico, come sempre e sempre in solitudine,  del contrasto ai fenomeni che vedono protagonisti i nostri giovani , chiedono a gran voce il supporto di educatori professionisti e pedagogisti, di personalità di primo piano nell'individuazione di percorsi educativi e riabilitativi per i minori e punto di riferimento  per il corpo docente.

I docenti non vogliono più improvvisarsi esperti psicologi, psichiatri, sociologi, psicanalisti, fini conoscitori dell'età evolutiva e non intendono più colmare il vuoto affettivo, psicologico, educativo delle tante famiglie italiane che "parcheggiano" i figli a scuola...tanto ci pensa l'insegnante.


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