martedì 16 giugno 2015

Il MALATO INGUARIBILE ( parte prima)

    
            Insuccessi terapeutici sui serial killer e divagazioni sul tema






Proprio l'imperiosità del comando "non uccidere" ci assicura che discendiamo da una serie lunghissima di generazioni di assassini, i quali avevano nel sangue, come forse ancora abbiamo noi stessi, il piacere di uccidere. Sigmund Freud


                                                                  
                                       Definizione di serial killer


Moltissimi autori, negli ultimi anni, hanno approfondito la definizione e la descrizione di serial killer.

In questa sede, riportiamo la definizione di Ruben De Luca, in quanto, a nostro parere, ci guida alla comprensione di un fenomeno tanto complesso: ”L’assassino seriale è un soggetto che mette in atto personalmente due o più azioni omicidiarie separate tra loro oppure esercita un qualche tipo di influenza psicologica affinché altre persone commettano azioni omicidiarie al suo posto. Per parlare di assassino seriale, è necessario che il soggetto mostri una chiara volontà di uccidere, anche se poi gli omicidi non si compiono e le vittime sopravvivono: l’elemento centrale è la ripetitività dell’azione omicidiaria. L’intervallo che separa le azioni omicidiarie può andare da qualche ora a interi anni e le vittime coinvolte in ogni singolo episodio possono essere più di una. L’assassino seriale agisce preferibilmente da solo, ma può agire anche in coppia o come membro di un gruppo. Le motivazioni sono varie, ma c’è sempre una componente psicologica interna al soggetto che lo spinge al comportamento omicidiario ripetitivo. In alcuni casi, vanno considerati assassini seriali anche i soggetti che uccidono nell’ambito della criminalità organizzata, i terroristi, i soldati”.


                         Gli omicidi seriali nel mondo e il “numero oscuro”

Fino a pochi anni fa, non esistevano né studi né statistiche affidabili. Solo recentemente, è stata avviata una ricerca che colloca l’Italia al terzo posto, per numero di serial killer, dopo USA e UK. Necessita, però, tenere presente il problema del cosiddetto “numero oscuro”.

Il “numero oscuro” è costituito da quei casi che non vengono registrati dalle agenzie di controllo e, quindi, non rientrano nelle statistiche ufficiali.

Molti serial killers tendono, infatti, a confessare di aver commesso più omicidi di quanti ne abbiano commesso in realtà. Tale falsa dichiarazione è motivata da narcisismo, dal voler dare più importanza alla propria figura. Altri, invece, rivelano i nomi delle vittime ad intervalli periodici, in modo da rallentare le indagini e, soprattutto, tenere alto l’interesse dei massmedia.

Altro problema riguarda il “copycat serial murder”, omicidio seriale per imitazione. Ci si trova davanti a questo fenomeno, quando un soggetto instabile, seguendo attraverso i massmedia un caso di omicidio seriale, si identifica nell’assassino tanto da imitarne le azioni criminose. Ciò porta a ritenere un’unica serie omicidiaria, quella che in realtà è compiuta da due assassini che agiscono separatamente.

Il “numero oscuro” trova alimento anche nella cessazione improvvisa della serie omicidiaria.
A tal proposito, è possibile formulare diverse ipotesi:

·         Morte del serial killer, spesso per suicidio

·         Arresto e pena detentiva del serial killer per altro reato

·         Scelta, da parte del serial killer, di un luogo diverso dove cacciare le sue prede

·         Interruzione della compulsione ad uccidere per un cambiamento di vita, che porta il serial killer a trovare gratificazione nel ricordo degli omicidi compiuti

Convergono nel numero oscuro, gli omicidi seriali commessi negli ospedali, nelle case di cura e nei ricoveri per anziani.

In questo caso, non è facile provare con certezza la colpevolezza di un individuo, dal momento che non sempre esistono prove concrete, testimoni oculari e sufficienti indizi.

Esiste una banca dati europea: European Serial Killer Data Bank, finalizzata all’ individuazione delle caratteristiche di ogni nazione e alla comparazione con il campione americano.
Da questi dati emerge che l’omicidio seriale è più frequente nei paesi dell’Europa settentrionale e le nazioni che occupano i primi posti sono le più industrializzate. Nelle zone più industrializzate, infatti, il grado di alienazione è più elevato e le relazioni affettive e sociali sono frammentate. Conseguenza di siffatta condizione sono la solitudine e la sfrenata competitività, cifra comune dei paesi sviluppati.


       Meccanismi psicologici degli omicidi seriali


Gli studiosi concordano nell’affermare che esperienze traumatiche durante l’infanzia e l’adolescenza, siano determinanti nella scelta di un comportamento deviante. C’è da dire, però, che non tutti gli individui che hanno esperito situazioni difficili, di abuso, di emarginazione, di abbandono, diventino serial killer.
Per comprendere meglio le radici del fenomeno, ci viene in aiuto una prospettiva teorica basata sul modello sistemico-relazionale.
Secondo tale teoria, i serial killer sarebbero la risultante di una coazione tra  famiglia di provenienza, sistema genitoriale, dinamiche relazionali e personalità e caratteristiche fisiologiche individuali.
 Il comportamento omicidiario sarebbe, pertanto, il prodotto di un intreccio tra il fattore individuale, socio-ambientale e relazionale.

Da diversi studi emergono delle costanti presenti in molti serial killer:

·         Figlio illegittimo

·         Figlio di un genitore abusivo

·         Orfano di entrambi i genitori

·         Vittima di violenze fisiche, psicologiche e/o sessuali perpetrate da uno o da entrambi i genitori


Nell’infanzia è fondamentale la costituzione di un buon “legame di attaccamento” fra il bambino e il genitore e con il procedere della formazione del legame, il bambino si identifica e cerca il contatto con il genitore o con chi ne fa le veci.
La mancata costruzione del “legame di attaccamento”, potrebbe provocare nel futuro adulto incapacità di empatia, di provare sentimenti di affetto o rimorso nei confronti di un altro essere umano.

La maggior parte dei serial killers proviene da una” famiglia multiproblematica” che, secondo la definizione di Mazer, è “ogni gruppo familiare composto da due o più persone, in cui più della metà dei membri ha sperimentato problemi di pertinenza con un servizio sociale e/o sociosanitario o legale”.

Tutti i serial killer avvertono come negativa la loro esistenza e vivono un forte senso di inferiorità fisica, psichica, sociale, sessuale. La solitudine, l’emarginazione e l’insicurezza li portano a colmare questo vuoto interiore, con una sfrenata necessità di protagonismo e con un comportamento narcisistico.
 Si sdoppiano fra una vita una vita pubblica convenzionale ed una segreta, perversa e turbata da fantasie sadiche. Quando, poi, passano dall’ immaginazione all’ atto, cioè dopo aver provato il gusto del dare la morte, non riescono più a smettere.


   Segni premonitori del comportamento del serial killer


M. Newton compone un elenco di sintomi che, durante l’infanzia o l’adolescenza, possono indicare un futuro comportamento omicidiario:
·         Isolamento sociale

·         Difficoltà di apprendimento ed insuccesso scolastico

·         Sintomi di danni neurologici (forti mal di testa, crisi epilettiche, scarsa coordinazione muscolare, incontinenza)

·         Bisogno immotivato e cronico di mentire

·         Ipocondria

·         Mancanza di autocontrollo

·         Attività sessuale precoce e violenta

·         Ossessione per il fuoco, il sangue e la morte

·         Crudeltà verso gli animali e/o le persone

·         Comportamento autodistruttivo (automutilazione, disturbi alimentari, abuso di alcol e altre sostanze)

·         Cleptomania

·         Precoce uso di stupefacenti



                                                                                                                                                                  Vittimologia dell’omicidio seriale



Omicidio seriale di donne

Il serial killer solitamente sceglie ragazze molto giovani o donne anziane, per avere un vantaggio fisico che gli permetta di sopraffare la vittima. Attraverso la cattura e l’uccisione, l’assassino, che si ritiene sessualmente inadeguato, si riappropria della sua virilità e della stima di se stesso. La soddisfazione raggiunta non è, però, duratura, tanto che l’assassino deve reiterare l’azione omicidiaria.

Fra le donne, ha una maggiore “predisposizione vittimogena” la prostituta.
La rendono vittima ideale i seguenti elementi: è abituata ad essere avvicinata da uomini sconosciuti; è disposta a seguire il cliente in un posto isolato; quando una prostituta sparisce o ne viene ritrovato il cadavere, spesso si pensa che sia stata uccisa dal protettore o da qualcuno legato al giro della prostituzione; rappresenta simbolicamente il peccato e ciò può far scattare violenti meccanismi psicologici.

La studentessa è un tipologia di vittima specifica degli Stati Uniti.
La sua vulnerabilità è data dal fatto che gli studenti, nei campus universitari, vivono da soli o con altri compagni e senza la sorveglianza dei genitori.



Infanticidio seriale

I bambini rappresentano vittime ideali perché facilmente manipolabili da un adulto.
Il serial killer, a volte, si presenta vestito da poliziotto o da prete, figure che per il bambino sono rassicuranti. L’omicidio è spesso preceduto da molestie o violenza sessuale.

Omicidio seriale di massa

L’assassino, uccidendo più persone nella stessa azione omicidiaria, alimenta la sua smania di onnipotenza.

Omicidio seriale di coppia

Scopo dell’assassino è cancellare una relazione che non riesce a sopportare, cioè quella fra un uomo e una donna.
Si tratta, in questo caso, di individui che, a causa di gravissimi problemi relazionali, non riescono ad instaurare un rapporto con una donna. La maggiore aggressività si manifesta nei confronti della figura femminile.


Omicidio a vittimologia mista

Alcuni assassini seriali hanno solo bisogno di uccidere, al di là del sesso, dell’età delle vittime e del simbolismo psicologico che può rappresentare.



    Vittimologia allargata: il genitore del seria killer e i parenti delle vittime


Un genitore che scopre il proprio figlio essere un serial killer, attraversa diverse e ben definite fasi emotive:
·         Incredulità e negazione dell’evento

·         “Meccanismo dello spostamento”: accettazione dell’evento e spostamento della responsabilità su terzi (qualcuno avrebbe esercitato una negativa influenza su di lui)

·         Accettazione dell’evento e spostamento della responsabilità su se stesso

·         Percezione del fallimento del proprio ruolo di genitore


I parenti delle vittime manifestano frequentemente i sintomi del PTSD (Disturbo post-traumatico da stress): ansia, depressione, sintomi dissociativi, riduzione della recettività emozionale.











                                                                   

Nessun commento:

Posta un commento