lunedì 21 dicembre 2015

L'ho visto con i miei occhi!



"L'ho visto con i miei occhi". Non basta.

La memoria è fallace, non è né una macchina fotografica né un videoregistratore.
I testimoni possono sbagliare, anche se spesso non mentono.

Non è possibile, quindi, credere ad un testimone oculare "al di là di ogni ragionevole dubbio", perché i meccanismi con cui vengono elaborati i ricordi,possono trarre in inganno.

Quando una persona siede sul banco dei testimoni e riferisce su quanto in prima persona ha vissuto, presenta una sua personale rappresentazione della verità, più che la verità stessa.

Nel momento in cui si è chiamati a riferire di quanto si è stati testimoni, si innesca un meccanismo di recupero delle informazioni, immagazzinate in memoria, relative all'evento, e di rielaborazione delle stesse.

Il contenuto della deposizione, quindi, non può essere considerato una riproduzione perfetta e certa di un fatto e, pertanto, ogni testimonianza viene a configurarsi come una deformazione della realtà.

In ambito penale, la testimonianza è un mezzo di prova che verte ad esaminare il teste circa i fatti che costituiscono oggetto di prova.

Prima della nascita della psicologia giudiziaria, i giudici potevano avvalersi non soltanto di regole legali, filosofiche e religiose, ma anche dell'astrologia giudiziaria e, soprattutto, della metoscopia e della fisiognomica.

La metoscopia intendeva valutare caratteristiche e inclinazioni di un individuo attraverso la lettura delle linee e di altri segni presenti sulla fronte.

La fisiognomica, invece,analizzava i tratti somatici.Anche il ricorso alla tortura era considerato uno strumento efficace ai fini dell'analisi della testimonianza.

Nell'ambito scientifico della psicologia della testimonianza si dibatte da lungo tempo sul ruolo della memoria e come questa possa produrre falsi ricordi.

 Quando un testimone può essere attendibile?

Una testimonianza può essere considerata attendibile se esiste una corrispondenza tra ciò che viene raccontato e ciò che è realmente accaduto.

La testimonianza dipende, in primo luogo, dalla memoria, il cui elemento cruciale è l'accuratezza, vale a dire la corrispondenza tra il contenuto dell'evento e il contenuto della memoria.

Per definire attendibile un testimone e accurato un ricordo, è necessario considerare alcuni fattori , quali l'intenzionalità a ricordare nel momento in cui si assiste all'evento, l'interpretazione data all'evento, il tempo trascorso e le inferenze che il testimone subisce tra il momento in cui assiste all'episodio e il momento in cui è chiamato a testimoniare.

Bisogna anche tenere in considerazione il ruolo che il soggetto ha ricoperto nell'evento, cioè se è stato autore o vittima, o solo testimone.

La memoria, o meglio la funzione mnestica non è, come abbiamo avuto modo di rilevare, un processo automatico, ma un processo concatenato ad altri fattori, sia cognitivi che emotivi,
 Si evince che la testimonianza possiede una parte di verità oggettiva, e un'altra parte di costruzioni soggettive che si uniscono o sovrappongono in maniera conscia o inconscia.
Ciò può avvenire volontariamente in un soggetto menzognero o involontariamente, quando il fatto narrato è distorto da suggestioni, condizionamenti e da meccanismi psicologici di difesa.

La deposizione di un testimone deve essere valutata sotto il profilo della:

  • affidabilità - si riferisce a quanto effettivamente percepito dai sensi e codificato nella memoria.
  • veridicità - presuppone l'esclusione di manipolazioni della narrazione rispetto a quanto effettivamente decodificato nella memoria.
Tre interrogativi su "gli scherzi della memoria"

E se Olindo e Rosa, ritenuti i mostri della strage di Erba fossero innocenti?

L'unico superstite, Mario Frigerio, svegliatosi dal coma, spiega con voce flebile e impastata, quasi incomprensibile, che l'aggressore è un uomo di corporatura robusta, con tanti capelli corti neri, carnagione olivastra, occhi scuri, senza baffi.
Nessun accenno a Rosa e Olindo, che il Frigerio conosce benissimo.
Solo in un secondo tempo, Frigerio punta il dito contro Olindo che riconosce, senza ombra di dubbio, come la bestia, il carnefice.
Si dà il caso che Olindo sia di carnagione chiara, con occhi chiari e non scuri e non con capelli neri.

E Anna Maria Franzoni ha davvero completamente rimosso l'assassinio del figlio o mente in maniera perfetta?

E Veronica Panarello, madre del piccolo Loris:"Non ricordo nulla ma non l'ho ucciso io".

Amnesie post traumatiche o linee difensive?

Nessun commento:

Posta un commento