martedì 20 gennaio 2015

DONNE IN CORSA CONTRO LA VIOLENZA


                                            

                                          
                                                     
In tutta Italia, giorno 24 Gennaio 2015, le “Women in run”, vestite di rosso, correranno e grideranno “No alla violenza sulle donne”.

L’evento organizzato dalle “Runners Termoli”, si configura come il primo grande running flash mob che sia stato mai organizzato in Italia.

A tutt’oggi sono 34 le città italiane che partecipano all’iniziativa, ma nei prossimi giorni è prevista l’adesione di altre città.

Il gruppo “Women in run” nasce sul web, dopo l’aggressione di una runner, violentata dal branco, in pieno centro, lungo il Naviglio Grande a Milano e vuole essere una risposta ed una denuncia da parte delle donne che non hanno paura.


Altra forte denuncia proviene dall’ edizione inglese della rivista femminile Cosmopolitan, che ha creato, per il numero di Febbraio, una copertina di grande impatto: una donna soffoca intrappolata in una busta di plastica. L’immagine si riferisce alla terribile vicenda della 17enne anglo-pakistana Shafilea Ahmed, uccisa dai suoi genitori, con una busta di plastica, per aver rifiutato un matrimonio combinato.


“La violenza contro le donne e le ragazze continua con la stessa intensità in ogni continente, Paese e cultura.Questa impone un devastante dazio sulla vita delle donne, sulle loro famiglie e sull’intera società. La maggior parte delle società proibiscono questo genere di violenza, in realtà questa è ancora troppo spesso coperta o tacitamente condonata”, così si esprimeva Banki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, l’8 marzo 2007.

In Italia 1 milione e 400mila ragazzine ha subito stupro prima dei 16 anni: oltre il 90% dei casi non è stato denunciato.

Questo silenzio ricorda la Sicilia di Franca Viola, nel 1965. La ragazza fu sequestrata e violentata per più giorni dal suo spasimante, sempre respinto, che contava sulla clausola del matrimonio riparatore. La giovane si oppose a tale barbara consuetudine, non accettò il matrimonio e denunciò il suo aggressore.    
                                                
                                                                                   
La violenza sulle donne è un problema universale, dilagante e dalle proporzioni impressionanti, ed è gravissimo e colpevole sottovalutare la credibilità delle vittime.

Oggi, come nel passato.                                                                     



Un ricordo merita Tina Lagostena Bassi, che prese parte al primo  processo per stupro mandato in onda dalla Rai, il 26 aprile 1979, come documentario dal titolo Processo per stupro.



La vittima del processo filmato era una giovane di 18 anni, che aveva denunciato per violenza carnale un gruppo di quattro uomini.
Come difensore di parte civile Tina Lagostena Bassi, che in un’intervista del 2007 dichiara: “Ricordo che la gente era sconvolta, perché nessuno immaginava realmente quello che avveniva in un’aula giudiziaria, dove la giustizia era altrettanto violenta degli stupratori nei confronti delle donne. Era una violenza…uno proprio la sentiva, materialmente”.

Gli avvocati difensori durante il processo inquisirono sui dettagli della violenza e sulla vita privata della donna offesa, al fine di addossarle la responsabilità della violenza.

L’atteggiamento mentale prevalente in aula: una donna di “buoni costumi” non poteva essere violentata e se c’era stata violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna.

Gli avvocati degli aguzzini: “Che cosa avete voluto? La parità dei diritti. Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. Voi portavate la veste, perché avete voluto mettere i pantaloni? Avete cominciato con il dire < Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito, il mio fidanzato, mio cugino, mio fratello, mio nonno, mio bisnonno vanno in giro? >Vi siete messe voi in questa situazione. Ognuno raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza si fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente”.

Il documentario, visibile su Youtube è sconvolgente: gli imputati e i loro avvocati mostrano un’insolenza intollerabile.

Il processo si concluse con la condanna ad 1 anno per gli stupratori, che vennero poi rilasciati con la condizionale.

Almeno sulla carta, lo stupro era stato punito ed era la prima volta che si dava ragione ad una donna.

Ci si rammarica, però, che Tina Lagostena Bassi, scomparsa il 4 marzo 2008, sia ricordata da molti, soprattutto come giudice di un programma televisivo, dove vicini di casa litigano per beghe condominiali, piuttosto che per essersi battuta sempre come una leonessa in difesa delle donne.


   Piera Denaro



                                                                                                                  

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