martedì 30 giugno 2015

SIAMO TUTTI MALVAGI?




L'esperimento della prigione di Stanford



Nel 1971 lo psicologo Philip Zimbardo organizza uno fra gli esperimenti più famosi di psicologia sociale.
L'esperimento nasce dalla volontà di indagare su che cosa può trasformare una "persona buona" in un individuo che commette atti malvagi.

"Sono le situazioni in cui veniamo posti a determinare il nostro comportamento?" si chiedono Zimbardo e il suo team di ricercatori.


Ai fini della ricerca viene simulata una prigione nei sotterranei della facoltà di Psicologia dell'Università di Stanford e vengono selezionati 24 studenti, senza precedenti penali e in buona salute fisica e psichica, per far loro assumere i ruoli di guardie e prigionieri.
La prigione includeva tre celle di 2 metri per 3 e ognuna di esse ospitava tre " prigionieri". Altre stanze venivano occupate dai "guardiani". Uno spazio angusto ospitava la cella di isolamento e uno, altrettanto minuscolo, serviva come cortile per l'ora d'aria.

L'esperimento

Gli studenti, futuri prigionieri, vengono prelevati dai dormitori universitari e scortati fino alla finta prigione. Viene  data da indossare una casacca numerata e sono poste catene alle caviglie. Alle guardie sono consegnati dei simboli di potere quali uniformi, occhiali riflettenti (in modo da non poter essere guardati negli occhi), manganelli, fischietti e manette.
L'obiettivo di Zimbardo consisteva nell'associare ad ogni ruolo un simbolo distintivo al fine di preparare il terreno ad un processo di disorientamento, depersonalizzazione e riduzione del senso di identità.

Nonostante l'esperimento fosse programmato per durare 14 giorni, si interrompe dopo 6 giorni

Dopo solo due giorni si verificano i primi episodi di violenza: i prigionieri si ribellano contro la loro carcerazione, strappandosi le divise e inveendo dalle celle contro le guardie che reagiscono schernendo e abusando i loro prigionieri. Questi vengono costretti a pulire le latrine a mani nude, a defecare in secchi e a simulare atti di sodomia.
Lo stesso Zimbardo ammette  di essersi immerso nel ruolo di "direttore della prigione", così come altri membri del team di ricercatori.
Dopo 36 ore i prigionieri mostrano chiari segni di disgregazione individuale e collettiva: docili e passivi, perdono ogni contatto con la realtà. Le guardie si identificano totalmente al loro ruolo, continuando a praticare comportamenti sadici e vessatori.
Al sesto giorno, dati gli esiti drammatici, Zimbardo interrompe l'esperimento.
I prigionieri si mostrano sollevati e contenti della conclusione anticipata, invece le guardie molto insoddisfatte.

L'effetto Lucifero


Zimbardo nel suo saggio del 2007, pubblicato in Italia nel 2008,"Effetto Lucifero" : " L'idea che un abisso invalicabile separi le persone buone da quelle cattive è consolante per almeno due ragioni. Anzitutto, crea una logica binaria, in cui il Male è essenzializzato. La maggior parte di noi percepisce il Male come un'entità, una qualità intrinseca di certe persone e non di altre [...]Inoltre, sostenere che esiste una dicotomia Bene-Male assolve le"persone buone" dalla responsabilità. Le libera dal dover prendere anche soltanto in considerazione il loro possibile ruolo nel creare, difendere, perpetuare o ammettere le condizioni che contribuiscono alla delinquenza, al crimine, al vandalismo, alle molestie, al bullismo, allo stupro, alla tortura, al terrore e alla violenza".


Nelle nostre società occidentali è radicata la convinzione che i comportamenti siano sempre il risultato delle disposizioni interiori degli individui, sottovalutando il peso delle situazioni in cui questi si trovano ad agire.

La tesi situazionale, sostenuta da Zimbardo, porta invece a considerare determinante la situazione sociale in cui ci si trova collocati . Tale situazione può portarci ad agire in maniera difforme a quelli che sono i valori e i comportamenti abituali.
Si può allora affermare che il male è l'esercizio del potere sugli altri in una situazione in cui non ci si sente responsabili delle proprie azioni.


Chi non ricorda Abu Ghraib, la prigione di Baghdad?








Il caso si verificò nel 2004, quando vennero pubblicate fotografie che ritraevano soldati statunitensi mentre torturavano sistematicamente e sadicamente i prigionieri iracheni.
Ad esaminare e valutare le immagini, delle quali la maggior parte non fu pubblicata per l'impressionante crudezza, fu chiamato proprio il professore Philip Zimbardo.



L'esperimento di Stanford, pur attirando diverse critiche di ordine etico, resta un episodio fondamentale per comprendere come una situazione possa influenzare il comportamento umano: gli abusi nella prigione irachena di Abu Ghraib e quelli che si verificano, anche a nostra insaputa, sono esempi reali dello studio di Zimbardo.

La prigione di Standford ha ispirato altri studi, saggi, opere teatrali e, soprattutto, films, fra i quali ultimo nato è "The Standford Prison Experiment" del regista americano Kyle Patrick Alvarez.

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