domenica 16 novembre 2014

CONDANNATI A VITA

Supercarcere Fornelli - I raggi
Supercarcere Fornelli - I raggi

Tanti sono stati gli appelli, negli ultimi anni, a prendere coscienza di uno stato di fatto che lede i diritti fondamentali della persona: lo stato di emergenza e degrado degli Istituti di pena, dove si vìola sistematicamente l'articolo 27 della nostra Costituzione, che prevede per il carcere, non lo scopo punitivo, ma rieducativo dei detenuti.

In tale condizione, il carcere può fungere da struttura rieducativa? In buona sostanza, il carcere serve a qualcosa, oppure a nulla? 

Nel luglio 1975 viene approvata, in Italia, la legge che orienta le modalità dell'esecuzione della pena in funzione di premi e riconoscimenti nei confronti del detenuto, previo accertamento della sua partecipazione all'intervento rieducativo.

Sotto gli occhi di tutti, però, la metamorfosi della reclusione da punizione a rieducazione non si è verificata.
Possiamo, invece, dire che il carcere, così com'è, non rieduca, anzi forma, istruisce ed educa il criminale di domani?

Amicizie intrecciate all' interno dell'istituto, sovraffollamento, violenza gratuita, assenza di personale qualificato con preparazione ed esperienza.

Arianna Giunti, giornalista freelance per il gruppo L' Espresso, autrice dell' inchiesta "La cella liscia. Storie di ordinaria ingiustizia nelle carceri italiane", ha ricostruito aspetti del sistema carcerario italiano, fatto di violenze e soprusi, e, soprattutto, di una generale indifferenza per il fallimento della funzione rieducativa della pena.

In gergo si chiama "cella liscia", perché è completamente vuota, senza brande, senza sanitari,

Qui vengono confinati i detenuti "disubbidienti" o quelli colti da crisi isteriche o depressive.

Sebastiano, racconta la Giunti, ex detenuto a San Vittore per piccoli reati di droga, in carcere si disintossica e impara a fare il giardiniere. Dopo la scarcerazione, trova lavoro come pony express, ma viene colto da crisi di panico quando sente per strada le sirene delle volanti. Avrebbe dovuto iniziare un percorso terapeutico, ma non può sostenerlo economicamente. Così lo hanno licenziato.

Questa è solo una delle tante storie.

I detenuti italiani, allora, sono condannati a vita, condannati a non ritrovare una normalità. La recidiva è un rischio altissimo.

A decretare un ulteriore fallimento delle nostre politiche carcerarie, è una nuova e continua domanda di penalità.

Affermazioni di questo tenore si sentono da più parti: "...far provare loro un po' dello stesso dolore delle loro vittime...il carcere ridona equilibrio a situazioni cui la giustizia non pone rimedio con pene giuste e certe...".

Fortemente avvertita è questa esigenza di pena, si direbbe quasi retributiva e afflittiva.

Da che cosa può anche prendere origine? Dall'insicurezza sociale, dalla paura della diffusa criminalità?
Da qui si innesca un effetto a catena, che trascina all'ansia collettiva, all'antagonismo, all'intolleranza, alla violenza e ad un barbaro "dai all'untore".




                                                                                     

sabato 15 novembre 2014

ARRIVA LA SCIENZA SULLA SCENA DEL CRIMINE

Sabato 29 Novembre a Torino alle ore 21,00 presso Qubi, via Parma 75 evento-conferenza, organizzato dall' Associazione ECO in collaborazione con Banca Mediolanum, Instar Libri, Museo Cesare Lombroso, Associazione Nazionale Museo  Cinema, Gravità Zero.

L'evento "Arriva la scienza sulla scena del crimine" si propone di portare sulla scena del crimine la gente comune e spiegare come l’interazione fra diverse discipline scientifiche possa portare alla soluzione di un caso.

La conferenza, a scopo divulgativo, si avvarrà della presenza dei relatori:

Lara Maistrello, entomologa ricercatrice (Università di Modena e Reggio Emilia)
“Crime Solving Insects: quando sono gli insetti a parlare”


Walter Caputo, formatore e science writer (Gravità Zero)
“Come si verifica un’ipotesi in un caso poliziesco? Con la Statistica!!!”


Stella Brancato, criminologa (Associazione Psychetius)
“La scena del crimine tra investigazione e psicologia: due facce della stessa medaglia?”


Eloheh Mason, divulgatrice culturale nuovi media (Associazione Culturale Artsoup)
“La settima arte del noir”


Tutti i partecipanti potranno usufruire di uno sconto del 20% sull’acquisto dei libri Instar, di un biglietto di ingresso in omaggio per il Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso e per il Museo di anatomia umana “Luigi Rolando”.

Ai primi 15 iscritti sarà omaggiato un biglietto per la visione di un film della rassegna Cineteca.

Il prezzo del biglietto di ingresso è di 5 euro e i posti disponibili sono 100.

Per partecipare all’evento, scrivere a ecoassociazione@gmail.com indicando come oggetto “Iscrizione Arriva la scienza sulla scena del crimine” e nel testo: nome, cognome, telefono, mail .


L’Associazione E.C.O. (Epistemologia Comunicazione Orientamento) si occupa di migliorare la qualità di vita delle persone invalide, attraverso la ricerca del lavoro e mediante l’attivazione di laboratori finalizzati al recupero o al mantenimento delle capacità fisiche ed intellettive.


Contatti

Associazione E.C.O. Via Biella 48 Torino
Telefono: 3288260495
Orario di apertura: 9,00-13,00/ 15,00-19,00



sabato 1 novembre 2014

OMICIDI DI STATO







L'uso della forza da parte dei servitori dello Stato non è strettamente regolamentato da leggi? 
Vi sono alcune "mele marce" o si tratta di un'educazione e un addestramento che disumanizza e considera pericolo sociale manifestanti, emarginati,carcerati, individui in difficoltà o semplici e inermi cittadini?

Stefano Cucchi, fermato il 15 Ottobre 2009 per possesso di circa 30 grammi di droga.
Dopo la convalida dell'arresto, viene affidato alla polizia penitenziaria e, poco tempo dopo,il medico del tribunale si accorge di ecchimosi sulle palpebre e contusioni.

Viene trasferito all'Ospedale Fatebenefratelli, dove sono riscontrate ulteriori lesioni.

Stefano è riportato in carcere, ma il giorno successivo, il 17 Ottobre, viene trasportato all'Ospedale Pertini "dove furono ignorate le sue richieste di farmaci e fu abbandonato e lasciato morire di fame e di sete" recita l'accusa.

Alla sbarra dodici persone fra medici, infermieri e agenti di custodia, accusati di abbandono, abuso d'ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità.

In primo grado, vengono condannati solo i medici, in appello tutti assolti!

La formula di assoluzione adottata dal Tribunale è quella prevista dal secondo comma dell'art.530, che, in sostanza, corrisponde all'antica formula dell'assoluzione per "insufficienza di prove".
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dichiara"Come è morto mio fratello è scritto sulle foto".

Le foto di Stefano le abbiamo viste tutti, così come abbiamo visto quelle di Michele Ferulli, percosso, fino alla morte, durante una manovra di ammanettamento a terra.

E le foto di Federico Aldrovandi?


E che dire di Riccardo Magherini, finito a calci e pugni, dopo essere stato fermato dai carabinieri?


Che dire di Giuseppe Uva, Marcello Lonzi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino, Gabriele Sondri, Carlo Giuliani, Gabriele Bifolco? E del massacro della Diaz?


Vergognoso il comunicato del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia).
"Tutti assolti, come è giusto che sia. In questo Paese bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie".


Parole che richiamano quelle del giudice istruttore, a proposito della sentenza di archiviazione del caso Piero Bruno, un ragazzo di 18 anni, trucidato dalle Forze dell'Ordine, durante una manifestazione a sostegno del popolo angolano, a Roma nel 1975: "se per la difesa dei superiori interessi dello Stato, congiuntamente alla difesa personale, si è costretti ad una reazione proporzionata all'offesa, si può compiangere la sorte di un cittadino la cui vita è stata stroncata nel fiore degli anni ma non si possono ignorare fondamentali principi di diritto. La colpa di una perdita umana è da ascrivere alla responsabilità di chi, insofferente della civile vita democratica, semina odio tra i cittadini".


Stefano, Michele, Riccardo, Giuseppe,Marcello,Aldo, Gabriele, Carlo.....potranno avere mai giustizia? Potranno avere dignità e rispetto, queste vittime di una brutalità istituzionale?


Tutti noi potremmo essere loro, vittime sacrificali di uno Stato miope, impotente, inerte, forse estinto.


Piera Denaro