domenica 18 ottobre 2015

MA NON E' L'ETA' DELL'ORO



                     Il suicidio infantile e degli adolescenti


Il suicidio giovanile si conferma in Europa, la seconda causa di morte tra gli adolescenti e la prima tra ragazzi tra i venticinque e trentaquattro anni.

Alcuni soffrono di gravi disturbi psichiatrici, altri di dipendenza da sostanze stupefacenti e alcol, ma la stragrande maggioranza è costituita da giovani che soffrono di un'infelicità profonda.

Il fenomeno suicidario infantile e giovanile non è figlio dei nostri tempi.

In Francia, nel 1839, si contarono venti suicidi di fanciulli di età inferiore ai 16 anni e 132 di giovani fra i 16 e 21 anni.
Nel 1908, i suicidi di fanciulli al di sotto dei 16 anni furono 85 e 447 quelli di giovani dai 16 ai 21 anni.
Fra gli 85 suicidi al di sotto dei 16 anni, 33 erano stati compiuti da bambini di 14 anni, 4 da bambini di 13 anni, 2 da bambini di 9 anni, 1 da un bambino di 8, 1 da un bambino di 6 anni.
In Italia, nel decennio 1896-1905, i suicidi di giovani tra i 15 e i 19 anni, furono in media 150 all'anno.
Salirono a 179 nel 1906 e a 201 nel 1907.
I suicidi al di sotto dei 15 anni furono in media 8 all'anno nel decennio 1896-1905, salirono a 11 nel 1906 e a 14 nel 1907.
Negli altri Paesi Europei le cifre sono simili.

In quella che è considerata dalla maggior parte degli adulti un'età felice o incosciente, si annidano tutte le passioni e quel male esistenziale, ritenuto prerogativa esclusiva dell'età matura.

La depressione gioca un ruolo decisivo nei comportamenti suicidari e si configurano come fattori di rischio:

  • pesanti delusioni nelle prime prime relazioni affettive e amorose
  • incapacità di credere in se stessi e negli altri
  • difficoltà poste da una vita sempre più caratterizzata da egoismo, ricerca dell'apparenza, materialismo, consumismo
  • vicende familiari traumatiche (separazioni, divorzi, abbandono)
  • sensazione di solitudine, tristezza, impotenza e inutilità
  • malattie fisiche e neuropsichiatriche
  • lutti
  • fallimento scolastico


Il fattore sociale

E' difficile per un giovane non tenere conto del giudizio dei coetanei che, quando porta all'emarginazione,genera grande sofferenza, origine di atteggiamenti di chiusura e ripiegamento, o di atti impulsivi e scelte inconsuete.
Nel passaggio dall'identità "fanciulla" a quella più matura, si è particolarmente  fragili e si cerca l'approvazione del gruppo che può rivelarsi assente o ostile. Il bullismo è, infatti, la prima causa di suicidio tra i banchi di scuola.

La persecuzione del branco corre anche sulla rete  


Quante volte Ask.fm, l'ormai famigerato social network, basato su un meccanismo di domande e risposte, è stato sotto accusa per suicidi di minori?
Secondo i dati del laboratorio di Ricerca Socio Economica della Link Campus University, in Italia la metà dei giovani tra i 17 e i 19 anni ritiene Ask.fm un social "pericoloso", ma circa il 14% dei ragazzi lo utilizza comunque, e il 10% di questi lo usa per offendere qualcuno.
Sia in Italia che all'estero si contano vari casi di suicidio, dopo aver ricevuto insulti e minacce via web.

Anche i web game possono inserirsi fra le cause di suicidio dei giovanissimi

Da non dimenticare il caso di Pokemon Rosso,immesso sul mercato in Giappone nel 1997.
L'uscita del game fu accompagnata da una serie di denunce di malesseri fisici di bambini tra i 7 e i 12 anni che lo avevano utilizzato.
A quanto pare, a creare malesseri e stato confusionale sarebbe stato, in una fase del gioco, l'ingresso in una specifica area del game, la città di Lavandonia (da qui Sindrome di Lavandonia).

Questa zona era accompagnata da una colonna sonora cupa e ripetitiva, dall'effetto ipnotico.
L'ipotesi fu che quella colonna utilizzasse dei toni binaturali, ovvero note non direttamente percepibili dall'orecchio, ma dal cervello. La composizione ossessiva e la ripetizione compulsiva avrebbe creato uno stato ansioso nel giocatore.
I bambini che giocavano al game per diverse ore, utilizzando le cuffie,lamentavano mal di testa, forti emicranie, fuoriuscita di sangue dal naso, stato confusionale, disturbi psicologici e fisiologici che, in alcuni casi, sembra abbiano portato alla morte, anche per suicidio.

Vademecum per i genitori

Segni premonitori di una predisposizione al suicidio:

  • Cambiamento delle abitudini alimentari o del ritmo del sonno
  • Allontanamento dalla famiglia, dagli amici e dalle consuete attività
  • Azioni violente, comportamenti di ribellione, tendenza alla fuga
  • Uso di alcol e droghe
  • Scarsa cura della propria persona
  • Persistente stato di noia, difficoltà di concentrazione, diminuzione della resa a scuola
  • Disturbi quali dolori addominali, mal di testa, affaticamento
  • Perdita di interesse per le attività di svago
  • Insofferenza nei confronti di elogi e riconoscimenti

                    La giovinezza non è l'età dell'oro!




          Piera Denaro







mercoledì 7 ottobre 2015

IN DUE E' MEGLIO


Il killer ammaliatore e la "folie a deux"




Com'è possibile che donne si innamorino di un assassino, di un uomo simbolo di violenza?

Stasi, Parolisi, Sollecito, Izzo, Vallanzasca, Maniero, tutti destinatari di centinaia di lettere d'amore.

Non è un mistero che negli Stati Uniti, il condannato a morte attragga il sesso femminile e che le donne inglesi sognino una storia d'amore, anche a distanza, con stupratori e omicidi.

Il fenomeno è supportato da esiti scientifici.


Durante una ricerca, il cervello di donne single è stato scannerizzato mentre venivano loro mostrate foto maschili: i volti più minacciosi erano percepiti come i più attraenti, in quanto attivavano le aree del cervello deputate alla valutazione del rischio.

Ce lo spiega il darwinismo il successo evolutivo di questo istinto primordiale.

Quando non esisteva alcuna legge, l'uomo forte e violento era quello più adatto a fornire protezione alla donna. Anche se oggi la società ha posto ai margini il violento, l'istinto primordiale è sopravvissuto.

Come spiegare questo fenomeno sociale in costante aumento? Smania di protagonismo? Sindrome della crocerossina? Incapacità di relazionarsi sessualmente con l'altro, come prodotto di un vissuto emotivo negativo esperito con la figura paterna?Disturbo della sfera affettiva?

Le serial killer groupies sono donne che hanno spesso vissuto in un contesto familiare disfunzionale, dove i loro bisogni emotivi sono rimasti inascoltati o repressi, a causa della presenza di un padre violento o abusante e una madre passiva e remissiva.
Per alcune donne, il serial killer, condannato a morte, rappresenta l'uomo ideale perché una relazione con lui è fonte di sicurezza, in quanto da dietro le sbarre non potrà far loro del male.
Il sentimento risulta idealizzato, puro e non necessita di un contatto fisico.

Sheila Isenberg nel suo libro Women who love men kill tratta la tematica, mettendo in relazione la scelta di un partner problematico con una rigida educazione religiosa,politica e sessuale.
Sono le donne con scarsa autostima, bisognose di essere amate come non lo sono state mai nel periodo infantile, quelle soggette a preferenze sessuali devianti di tipo predatorio.

Il termine scientifico  ibristofilia, attrazione morbosa verso coloro che hanno compiuto crimini efferati ,viene coniato e utilizzato dallo psicosessuologo John Money nel suo Lovemaps: clinical concepts of sexual/erotic health and pathology, paraphilia in childhood, adolescence and maturity.

Da ricordare il caso di Carol Anne Boone, della scrittrice Sondra London, dell'editorialista Doreen Lioy che sposa Richard Ramirez, detenuto nel braccio della morte.

Caso di particolare interesse è quello di Veronica Compton, attrice e drammaturga che, nel 1980, instaura un rapporto epistolare con Kenneth Bianchi, al fine di fargli valutare una sceneggiatura scritta da lei su un serial killer donna.
Bianchi, da perfetto manipolatore mentale, convince la Compton a partecipare ad un piano criminale che lo avrebbe dovuto scagionare dalle accuse.
La Compton viene condannata all'ergastolo e Bianchi sposa un'altra donna.

Il primo caso registrato della sindrome della Groupie del serial killer è datato 1895, quando William Henry Theodore Durrant, detto il Demone di Belfry fu oggetto delle attenzioni di diverse donne durante il processo.

La medesima parafilia potrebbe avere un ruolo essenziale nella creazione di coppie di serial killer costituite da un uomo manipolatore e da una donna sottomessa, attratta dalla virilità emanata dall'assassino.

Alla base è la sindrome chiamata in psichiatria Disturbo psicotico condiviso, più conosciuta come folie a deux.

Il primo a descrivere questa particolare condizione fu Legrand du Saulle nel 1871.

Nella coppia la personalità dominante, l'elemento attivo, l'induttore impone la propria autorità sull'indotto, sulla personalità  sottomessa, soggetto meno intelligente e più suggestionabile.

Perché si verifichi la follia a due sono necessarie altre due condizioni descritte da Lasegue e Falret:
  • I due soggetti della coppia devono trascorrere un certo periodo della loro vita in uno stesso ambiente, condividendo modo di vivere e interessi.
  • Il delirio deve basarsi su attività concrete e mantenersi nella sfera della realtà.
La follia a due può essere consumata da coppia uomo/donna ( il legame fra i due soggetti è quasi sempre di tipo erotico-sentimentale), coppia uomo/uomo ( in maggioranza assoluta, non necessariamente soggetti omosessuali), coppia donna/donna (il caso più raro, la natura del legame è sessuale).
Estremamente rari sono i casi di coppia madre/figlio e padre/figlia.

Nel Nord Italia, un caso di follia a due ha visto protagonisti Wolfang Abel e Marco Furlan, due ragazzi appartenenti all'alta borghesia.

Dal 1977 al 1984 uccidono ventisette persone, utilizzando come firma la sigla Ludwig, per rivendicare l'omicidio di omosessuali, prostitute, vagabondi, drogati, considerati dai due assassini rifiuti della società, moralmente indegni, socialmente dannosi.





PIERA DENARO